bozzetto di Emilia Giorgetti        inclassemiasito      - rinnovo 2020                                                         

                                     Perché non tutti imparano per tutta la vita? - Why isn't everyone lifelong learning?                   


LO STRESS OSTACOLA L'APPRENDIMENTO                                                                       

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CTP mediavalle e garfagnanana

 

Dicembre 2019. Il sito riparte dall'idea di una scuola a misura "mia", di una classe nella quale sia chi è lì per apprendere sia chi è lì per insegnare imparano e fanno cultura!

 La scuola quando sarà "per tutta la vita"

renderà migliore, la convivenza e la società.

per andare all'argomento: 

     

 


La Educazione degli Adulti

C'era una volta il CTP in Media Valle e Grafagnana
 
 
  da sopra puoi accedere al sito CTP archiviato                           torna in alto

 

InformaticaBase UNITRE 30.03.200

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In questo momento in cui le scuole sono chiuse ed anche noi adulti ancora a scuola dobbiamo rinunciare alla frequenza del nostro corso di informatica, la sfida della didattica digitale si sta dimostrando importante e tocchiamo con mano il potenziale dell'insegnamento a distanza (o elettronico, e-learning)per poter garantire la nostra formazione, ma tocchiamo anche con mano quanto siano in difficoltà i nostri  "colleghi" di corso che che non riescono ancora a mettersi in linea con la l'aula virtuale, o perché le lezioni in alula si sono interrotte troppo presto affinché essi avessero potuto maturare qualche abilità in più, o perché a casa non hanno la connessione internet o addirittura non hanno un pc a loro disposizione. 

Per questa ragione il Prof. si propone come supporto per consentire ai corsisti rimasti "impantanati" dalla ignoranza digitale loro malgrado di contattarlo per escogitare come potrebbero essere aiutati: di necessità il Prof. spera di trovare qualche nuova trovata ingegnosa per rimetterli in corso!

Per la linea internet e per la mancanza del pc, io penso che la assistenza  comunale dovrebbe iniziare ad occuparsene! Il digital divide (il divario di accesso alla tecnologia), è una nuova discriminazione sociale e culturale, è una povertà concreta da combattere con gli strumenti degli interventi sociali, quasi  come quando si interviene se uno scolaro non va più a scuola.  Perché se non si hanno abilità digitali almeno minime, per negligenza o per mancanza di risorse, significa essere relegati ai margini della società.

E noi Adulti Ancora A Scuola con UNITRE-Barga stiamo combinando momenti di didattica informatica multimediale e insegnamento a distanza. Per questo abbiamo bisogno dell'aiuto e di nuove risorse che vengano dalla comunità e dalle amministrazioni locali.

Intanto, data la disponibilità del Prof. (ma ne cerchiamo altri che volontariamente facciano equipe) vogliamo offrire (intanto) a tutti gli iscritti a UNITRE-Barga la possibilità di unirsi all'AULA LEGGERA e provare a migliorare abilità informatiche di base.

Lo Staff di UNITRE-Barga attraverso i propri canali informerà i soci e indicherà le modalità da seguire.

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27.03.2020

Grazie a chi cura ed assiste...

 

Sono giorni in cui siamo bombardati da notizie e immagini drammatiche, ma anche da vignette divertenti che aiutano a sorridere, a esorcizzare il dolore e la paura. Sono giorni in cui aspettiamo l’aggiornamento della Protezione civile. Giorni in cui facciamo il tifo per chi lotta per sopravvivere e per chi fa tutto il possibile per curare e assistere. Siamo grati a chi lavora nei servizi essenziali a cominciare dagli addetti alla nettezza .Sono giorni difficili per tutti noi.

Ma sono giorni in cui insieme alle tante notizie drammatiche accadono anche cose belle. I giovani che fanno la spesa per gli anziani del palazzo, i cinesi che arrivano ad aiutare noi italiani, i medici cubani che vengono a dare supporto, l’Italia che nonostante le difficoltà del momento offre aiuto alla Croazia colpita dal terremoto. Giorni in cui l’umanità unita dalla paura e dal dolore riscopre la solidarietà e comprende che solo sentendosi parte di uno stesso tutto può superare questa sfida.
L'UNHCR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati aggiunge alla lista delle cose belle una storia bellissima che arriva dal campo di Hamdallaye in Niger dove i rifugiati hanno iniziato a produrre saponette per aiutare il paese che li ospita a difendersi dal contagio del Coronavirus.

La solidarietà che ricambia l’ospitalità >

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12 Aprile 2020

 

Comunque è primavera e la Festa della primavera sta per essere festeggiata,

ognuno a casa sua, ok, ma a chi piace festeggia lo stesso, quindi un dono inclassemia lo vuol fare a chiunque aprirà il sito. Si tratta di un pensiero-racconto, vai e leggi >>>

 


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Cosa c'entrano i gatti col coronavirus?

 

 

Una mia amica ha due gatti che da quando li ha raccolti li ha ospitati a casa sua.  Sperava che quelli di facebuc l’aiutassero a toglierli dal randagismo o dalla morte per sparo contro il gatto. Dove lavora non volevano gatti e quindi li cacciavano. La sua collega l’aveva convinta a raccattarli e a portali a casa, l’aveva rassicurata che con facebuc si sarebbero potuti in breve tempo sistemare i due gattini altrove, del resto lei non li voleva a casa sua, per una ragione o per un’altra.

I due gattini sono via via cresciuti, è naturale, hanno mangiato nelle ciotole come gli altri gatti della mia amica, si sono trovati il loro posto per poltrire e non essere importunati, in quella casa che la sua sorella (della mia amica) dice sia la casa dei gatti.  

Gli altri gatti, già grandi, continuavano a fare la loro vita: la sera rientravano (lo fanno ancora) all’ora che la “signora padrona” rientrava da lavoro, ora più ora meno, ogni giorno. Mangiavano, facevano le fusa, scodinzolavano, strusciavano il musetto alle gambe e lei era soddisfatta di carezzarli e di parlar loro. Poi loro alla spicciolata o alla chetichella salivano le scale ed andavano nella stanza degli abiti e dei libri, cioè nella loro camera. Al mattino, quando “quella” usciva per andare al lavoro, loro, i grandi, uscivano per la giornata in giro.

Ancora fanno la stessa cosa. Beh, ma non proprio sempre tutte le mattine escono, loro decidono in base al clima od all’orario di uscita di quella che ha le chiavi. Sì, perché lei, come responsabile nel lavoro che fa, non ha un orario fisso di entrata e di uscita, che per i gatti diventa di uscita e di entrata. Così a volte restano in casa fino a sera e poi se decidono escono per un giro nella serata, al buio. Altrimenti fanno anche due o tre giri d’orologio dentro quella casa, loro ci stanno bene. E hanno il cibo.

Quei due nuovi gattini, invece, circolavano solamente a piano terra e al primo piano, su per le scale e via a scarrozzare, a scuriosare, a fare corse come giocando a polo con cartine, tubetti, matite per gli occhi. Insomma quello che trovavano, anzi che ancora trovano, da scaraventare giù e poi da trascinare sui pavimenti. Fino a quando gli oggetti non vanno sotto un mobile o si incastrano e allora addio il gioco! O addestramento?

Per farla breve, mesi sono passati, più di un anno ormai: “Ma non li mandi ancora fuori?”  “No, ancora no. Sono cresciuti qui e fuori andrebbero sotto una macchina o si perderebbero, non li posso lasciar fuori”.

Ecco, loro, i due gattini, ormai sono gatti, tutti e due, il maschio e la femmina, già sterilizzati, pronti a non scodellare altri possibili futuri randagetti. Ma stanno in casa, solo nella loro casa. E guardano dalla finestra, oltre i vetri e oltre le inferiate.

Se trovano la porta semichiusa o mezza aperta, non hanno lo scatto per andare. Non soffrono l’ansia di uscire. Non hanno maturato il concetto di uscire, di aria aperta, non hanno ancora maturato il gusto del rientro. Del risentirsi a casa.

Ma non ne hanno o non ne sentono il bisogno di uscire, andare e tornare, o semplicemente andare. Il loro esser gatti è costruito sullo stare e loro stanno.

Beati, satolli, concordi, fratelli ed amici (a-mici, appunto!) di sorte, di vita e di adorazione per la loro padroncina.

Hanno imparato a stare in casa, quello è il loro universo, se non conoscono quello che sta fuori, loro, ho capito, non soffrono.

Tu entri e loro ti guardano con i loro occhi dolci, storcendo la testa, facendo delle fusa, strusciandosi a te, non cercano niente (il cibo lo hanno comunque a disposizione h24), averti in casa è come accoglierti, sei loro ospite. Se potessi domandarglielo potrebbero risponderti che quella è sicuramente la loro casa, il loro regno, tuttalpiù “la nostra casa”.

Non hanno rapporti con nessun altro al di fuori di chi circola in casa; loro, i due gattini cresciuti, stando solo/soli in casa, hanno veri rapporti solo tra di loro due, un po’ di più anche con la mia amica loro benefattrice, ma con gli altri tre gatti di casa le relazioni sono schive o cordialmente occasionali, insomma distanti, il buon giorno e il buonasera!

“Ma non soffrono?”  “No, lo vedi? Sono calmi, delicati e belli lucidi. Ormai questo è il loro mondo. Forse un giorno andranno anche fuori.”  “Regolarmente?” “Forse.”

Insomma, non mi faccio più patemi d’animo per quei due, che avrei voluto liberi e un po’ anarchici, come me, con una casa ma a volere, non a dovere!

Mi sono ricreduto, quelli stanno bene e non cambierebbero le loro abitudini tutto d’un colpo.

Stare a casa non li ha cambiati, li ha allevati, cresciuti, soddisfatti. Almeno adesso, credo.

La loro padrona, la mia amica adesso è a casa per la pandemia. Loro sono più contenti? Certamente è una novitànavigare ai suoi piedi per molte ore al giorno, andare sul lettone e trovare la porta aperta di quella camera altrimenti tabù.

Passerà il tempo del virus. Poi ritorneranno a vedere la mia amica di rado. Saranno cambiati? Quanto questo periodo in cui la mia amica sta a lungo a casa li cambierà?

Penso che non lo sapremo e loro non hanno voglia di parlarne.

Questo periodo di #stiamoacasa, a noi cosa ci insegna? Come ci alleva?

Ci sono analisi sociopsicologiche (aggettivo buffo a scriversi) e ci sono nostre sensazioni.

Stando a casa ci si rinchiude. Chi più o chi meno, e molto può dipendere da quanto spazio hai da calpestare nella giornata e da quante altre persone lo girano attorno, sembra siamo più disposti a fare distinguo: questo si questo no, uffa ancora?  Da rinchiusi siamo/stiamo diventando meno disposti a ricevere; ed i messaggi, le persone che ci cercano da lontano, anche per cortesia solidale, possono cominciare a diventarci antipatici.

Siccome “parliamo” di più con tutti o con tanti (eppure stiamo a casa) ci accorgiamo di più che “quello non la pensa come me”, e forse cerchiamo di schivare. Anche in messenger, whatsapp e facebucche.

In questa routine da quarantena diventiamo più esclusivisti?

Un fatto mi sembra certo, quando incontro qualcuno, in questo periodo, lo incrocio, di istinto nuovo non lo saluto come prima, rimango alla larga, solo se ci faccio caso, cioè ci rifletto, ritorno ad essere ciarliero e amico, ed allora parlo, a voce più alta di prima perché c’è la distanza da mantenere e la mascherina da saltare. Sono poche le persone con cui non mantengo la distanza.

Ho voglia di dirmi e tu hai voglia di dire che è giusto così, in fondo è bene essere diffidenti, tuttavia assai rapidamente ci stiamo adattando ad una nuova psicologia, frutto del Covid19.

Dopo saremo più tolleranti o meno? Dopo saremo più disponibili o meno? Chi sa, diventeremo meno disponibili ma più solidali? Più aperti, comprensivi, ma meno democratici?  

Che c’entra questo, di noi col coronella virus e la storia dei due gattini che oggi sono Nanisch e Bussoletto?

Beh, ognuno ne cerchi una correlazione o una didascalia per conto suo.

È bene, non è male che ognuno sia maestro da/per se stesso.

 

MagicoRe2020©                                                      Torna all'inizio

 

Il diamante contro il covid19.

20.05.2020 - La Fase2, si riapre! Si riapre e in molti esclamiamo "Speriamo in bene!" E' certamente una riapertura e una Fase2 dal punto di vista economico, molta gente torna a lavorare e i soldi torneranno a girare. Alcuni tipi di angosce andranno a finire. Nella realtà umana invece non c'è una Fase2, la pandemia continua e non è stato certo sconfitto il virus. Il confinamento, lo sfollamento e il distanziamento sociale sono ancora ritenuti risposte credibili, spontanee per difenderci da un nemico invisibile e straordinariamente micidiale. Dire Fase2 ha anche il valore di una scaramanzia, come quando in guerra i poveri disgraziati si difendono dalle bombe che cadono dal cielo riparandosi con le braccia a difesa della testa curvandosi alla ricerca di una improbabile posizione fetale. Certamente anche la nostra psicologia ha le sue risposte positive: la speranza, la speranza di un giorno liberarci da questo nuovo coronavirus, poterlo davvero attaccare invece che difendercene alla cieca e curare i feriti inevitabili. Ecco la prova che affrontiamo in questo periodo ci racconta delle molte sfaccettature, a mo' di diamante, del nostro sentire e del nostro agire sociale delle quali è composta la nostra meravigliosa vita.
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Ultimo aggiornamento: 20-12-20.